Negli ultimi due appuntamenti con “Che fine hanno fatto?” abbiamo parlato di due giovani che hanno sfiorato la Formula 1 senza però assaporarla del tutto: Ilott e Fuoco. Oggi cambiamo un po’ filo conduttore e ci gettiamo alla riscoperta di qualcuno che nella categoria regina ci ha corso, spesso e volentieri tra mille critiche e stupore generale. Signore e signori è la volta di Marcus Thorbjörn Ericsson… sì quello del celebre “I think Ericsson hit us” (“Credo che Ericsson ci abbia colpito”).
Di chi stiamo parlando?
Forse gli appassionati più recenti della Formula 1 non hanno mai sentito parlare di questo fantastico personaggio. Il pilota noto ai più noto come “Marcus Ericsson”, senza quello strano secondo nome, è nato a Kumla (Svezia) nel 1990. Quasi per caso un giorno provò un go-kart nel kartodromo di un ex pilota svedese di discreta fama: un certo Fredrik Ekblom. La cosa stupefacente fu la seguente: il piccolo Marcus per poco non batté il record sul giro del pilota più affermato. Alla luce di tale risultato, Ekblom riuscì a convincere il padre di Ericsson comprargli un go-kart. Le corse divennero inizialmente un semplice hobby, dato che la sua famiglia non era ricca e non si credeva certo che il piccolo biondino potesse diventare un pilota professionista.
Un altro incontro fortunato
Se pensate che l’intervento di Ekblom sia stato determinante per il piccolo svedese, aspettate di sentire come prosegue la sua biografia. Nel 2006, durante una gara di kart nella cittadina svedese di Göteborg, un certo Kenny Bräck rimane esterrefatto dal talento di Ericsson. Chi? Kenny ha vinto la 500 miglia di Indianapolis nel 1999, qualcosa di automobilismo dovrà pur capirne. Fatto sta che Kenny, grazie alle sue conoscenze nel mondo del motorsport, rimedia a Marcus un sedile su una monoposto per il 2007. Si tratta della “Formula BMW” – oggi non più esistente – ma ideata anni fa proprio per introdurre i giovanissimi provenienti dai kart al mondo delle vetture monoposto. Chiaramente Marcus ci mise anche del suo e non fu tutta fortuna: vinse 7 gare e colse 11 podi su 18 appuntamenti, risultando campione per l’anno 2007.
Il mondo della “Formula”
L’annata trionfale in Formula BMW vale a Marcus numerosi test con diversi team di Formula 3 britannica. Alla fine, Ericsson preferisce approdare in questa categoria restando nello stesso team con cui aveva vinto: Fortec. Durante il primo anno riesce a classificarsi al quinto posto, con 2 vittorie e 3 podi. Nel 2009 partecipa ancora alla Formula 3 britannica e anche alla Formula 3 giapponese, che vince. Ottiene così la possibilità di disputare 4 gare in Gp2 Series Asia. Nel 2010 arriva l’esordio nella GP2 Series vera e propria (odierna Formula 2) che conclude con una classifica abbastanza assurda: 17^ posto finale con due sole gare a punti, in una delle quali ottiene la vittoria! L’anno seguente (2011) la situazione migliora: 10^ posto e 2 podi. La crescita costante di Marcus in GP2 Series continua anche nelle stagioni 2012 e 2013, concluse rispettivamente all’ 8^ e al 6^ posto, entrambe con una vittoria, 5 podi e quasi gli stessi punti (124 – 121). Ma, ad essere obbiettivi, senza mai un vero e proprio “boom”.
2014: anno di rivoluzioni
Tramite una rivoluzione tecnologica tra il 2013 e il 2014, la Formula 1 passa alle vetture ibride e con essa si stravolgono anche le coppie di piloti. Räikkönen torna in Ferrari, Ricciardo viene promosso in Red Bull, Massa passa alla Williams e Webber si ritira, solo per citarne alcuni. In tutto questo ordinato marasma spunta fuori anche il nostro protagonista: Marcus Ericsson viene infatti ingaggiato come pilota ufficiale dal “Caterham F1 Team”. Si tratta di una scuderia malese attiva in Formula 1 dal 2010 fino proprio al 2014 con scarsissima fortuna: non otterranno nemmeno un punto in 94 GP. Il povero Marcus non solo – come avrete intuito – non ha proprio il talento cristallino di Hamilton e Alonso, ma viene pure lanciato allo sbaraglio alla guida di questo cancello verde, prodotto da un team attanagliato da una difficoltà economica talmente profonda da costringerlo a disertare alcune gare. Per non essere troppo ingeneroso nei confronti di Ericsson devo però ammettere che lo svedese ha fatto quel che ha potuto, cogliendo anche un 11^ posto a Montecarlo.

2015: un nuovo inizio
La ciliegina sulla torta ad un difficile 2014 è il fallimento della Caterham, ma non disperatevi: ancora non ci siamo liberati di Ericsson! Perché come vi dicevo in apertura di articolo, la partecipazione di Marcus Ericsson al mondiale di Formula 1 è stata spesso oggetto di critica. Perché? Semplice: per il 2015 si rimedia un sedile in Sauber grazie all’appoggio dei suoi sponsor, i quali sborsarono una cifra vicina ai 20 milioni di dollari. Considerate che anche la “Sauber F1 Team” all’epoca non navigava in acque economicamente tranquille. Ma, udite udite, si va in Australia per la prima gara dell’anno: Marcus arriva 8^, cogliendo così i primi 4 punti della carriera (finirono la gara soltanto 11 vetture!). In tutto l’anno saranno 9 i punti di Ericsson, a fronte dei 27 del compagno Nasr, anch’egli esordiente in F1. Lo svedese arriverà così 18^ nel mondiale piloti. Il 2016 ed il 2017 si rivelano, se possibile, anni ancora più bui dei precedenti: macchina poco competitiva, 0 punti in due anni, sempre battuto dal compagno sul fronte punti conquistati, di conseguenza anche in classifica (22^ e 20^).
2018: last dance
Se pensate che il 2018 possa essere stato migliore avete ragione, ma sorge un piccolo problema. La scuderia cambia nome, divenendo “Alfa Romeo Sauber F1 Team” e assumendo l’odierna colorazione rosso-bianca. La vettura può stabilmente lottare per i punti e bisogna ammettere Marcus fa ciò che è nelle sue corde. Solo che il suo nuovo compagno di squadra è un esordiente della Ferrari Driver Academy: Charles Leclerc. Le statistiche non mentono: 39-9 sul fronte punti, 10-6 sul fronte arrivi in top 10, in favore del monegasco. Durante questa stagione Ericsson – oltre ad incappare in un pauroso incidente durante le prove libere del GP d’Italia – viene reso incolpevolmente partecipe di uno dei momenti più comici degli ultimi anni di Formula 1. Siamo al 42^ giro del Gran Premio dell’Azerbaigian, 4^ gara dell’anno, quando è necessario l’ingresso della Safety Car. Ciononostante, Romain Grosjean riesce clamorosamente a finire nel muro nel tentativo di scaldare le gomme. Fino a qui, nulla di strano. Il bello arriva subito dopo l’incidente: l’ingegnere di pista di Grosjean gli chiede cosa sia successo e il francese risponde con una frase oggetto di innumerevoli meme: “I think Ericsson hit us”… L’incolpevole Marcus transiterà solo dopo che la Haas di Grosjean avrà terminato la sua corsa contro il muro. Vivamente consigliata la visione su YouTube.

Tornando a noi
Siamo al momento clou: a fine 2018 Ericsson non ottiene la riconferma in Alfa-Sauber ed esce dalla scena della F1. Cosa ne è stato di lui? Possiamo garantirvi che esiste ancora e corre ancora. Sorprendentemente lo fa anche con buoni risultati. Dalla stagione 2019 Marcus Ericsson è un pilota nella “NTT IndyCar Series” meglio nota come IndyCar. Per chi non lo sapesse è la massima categoria motoristica americana per vetture a ruote scoperte, l’equivalente made-in-USA della Formula 1. Dopo un comprensibile anno di adattamento, nel quale ottiene comunque il primo podio, la situazione si fa interessante. Dal 2020 è passato ad uno dei team più vincenti della IndyCar: Chip Ganassi Racing (10 titoli piloti, 79 vittorie) e i suoi risultati sono migliorati, come testimoniato dalla classifica finale: 12^ nel 2020 e 6^ nel 2021. Lo scorso anno ha anche ottenuto le sue prime due vittorie nella categoria, restando nella parte alta di classifica per tutta la stagione. A tratti è stato in lotta per il titolo. Nel gennaio 2022 ha partecipato anche alla 24 Ore di Daytona (gara di durata più importante in America) senza brillare. Al contrario, ha iniziato con buon piglio la stagione IndyCar andando a podio già alla seconda gara. Ha trovato anche il tempo di fare un tweet polemico in cui lascia intendere che la Indy sia più dura della F1, con riferimento ai risultati del rientrante Kevin Magnussen. Chissà che il nostro Marcus non possa aver trovato davvero la sua dimensione, come gli auguriamo al di là dell’ironia e del non brillantissimo trascorso nel nostro sport preferito!
