A Gedda abbiamo assistito al film già visto in Barhain. La Red Bull ha fatto un sol boccone dei suoi avversari. La tappa araba, però, ci ha regalato un traguardo che, fino alla stagione scorsa, sarebbe sembrato trama per un film di fantascienza, cioè il podio numero 100 di Fernando Alonso. Possiamo dirlo, in questa tripla cifra c’è al 100% Fernando.
L’Asturiano, classe 1981, è la vera stella della stagione. Red Bull che prende e vince demolendo gli avversari è il film già visto, Ferrari che alza le aspettative e poi le fa collassare al suolo come un palazzo è un live motive che si trascina da quasi 20 anni. Fernando, invece, enfatizza e fa splendere un campionato che altrimenti sarebbe anonimo. E’ vero, il merito è, in parte di un ottimo mezzo come la sua verdissima AMR23, ma lui quel verde speranza lo rende vivido.
Fernando, certo, non è sicuramente il primo che passa e, il suo nome è spesso sinonimo di prestazione con la P maiuscola, ma non è scontato. Lo spagnolo a luglio varcherà la soglia dei 42 e nello sport l’età, spesso conta. Lo stesso Michael, dopo aver passato i 40 si rimise in gioco ma il risultato fu deludente. Fernando, invece, sembra aver invertito i numeri anagrafici, si è rinvigorito. È rifiorito dalle sue ceneri, come l’araba Fenice.
Pilota molto criticato, soprattutto dal punto di vista caratteriale, e spesso accusato di essere uno spacca squadre, ha sempre dimostrato che può estrarre il meglio da un mezzo. Averlo in squadra è sempre avere un asso in più da giocare. Lo è stato fin da subito. Flavio Briatore ci vide lungo e lo assoldò nella sua Renault ed ebbe ragione. Vinse per due volte di seguito il titolo, strappandolo dalle mani del Kaiser Michael Shumacher.
Toccò poi a Mclaren dove la convivenza con Lewis Hamilton regalò una stagione 2007 degna di un film di spionaggio. Accuse e dispetti reciproci logorarono la squadra. Fu poi la volta della Ferrari. Li brillò come di una luce strepitosa.
L’anno era il 2012 e la Ferrari partiva con la prospettiva e l’ambizione di vincere il titolo. L’auto fu tremenda, ma quel titolo venne sfiorato da Fernando che rese, con il suo piede, un’auto mediocre competitiva. Ogni domenica, sui circuiti, estraeva il 200% dal mezzo. Sul tema vi sblocco un ricordo: Valencia 2012. Qualifica terribile. La rossa è dispersa, undicesima. Da quell’ undicesima casella Fernando fece la magia. Una gara storica, da undicesimo a primo a fine gara. Prodezza da asso del volante.
Lungo la sua carriera l’asticella di Alonso è sempre stata quella, dare il massimo per ottenere il massimo. Purtroppo non è sempre riuscito. Fernando è così. O lo adori o lo detesti. Si comporta da prima donna, pretende e se non lo accontenti può distruggere dall’interno una squadra, e lo fa in mondovisione, senza peli sulla lingua. Memorabile quel “Avevate detto che il gioco delle scie poteva funzionare, siete dei geni ragazzi” ironico a Monza 2013 criticando in diretta TV la Ferrari, non proprio un gruppo di nessuno. Fumantino nelle pretese al punto che, se non accontentato, ti molla e cerca altre strade e, spesso, nella sua carriera le scelte fatte d’istinto sono state disastrose e la sua rovina. Ne ricordo una su tutte, il ritorno di fiamma con Mclaren nel 2015.
Ma se gli dai un mezzo competitivo lui si esalta, si carica e diventa un animale da battaglia, un mastino inferocito che ti aggredisce le caviglie e non ti molla.
Nel 2018 il prematuro addio alle corse, forse per mancanza di stimoli, ci privò di un talento. Quando nel 2021 tornò le critiche furono feroci. Cosa potrà mai fare un pilota di 40 anni? Non starà al passo.
Invece, il caro Fernando, dal suo ritorno, ha zittito tutti. Al passo ci sta, e alla grande. Nando ha fatto il come back più spettacolare della storia. Prestazione e divertimento, anagraficamente ha 42 anni ma lo spirito e l’agonismo sono quelli di un ventenne. E quanto gasa. 42 anni ma la voglia e la foga sono quelli di un atleta al apice della carriera. Un pilota che, con un mezzo competitivo, annichilisce con un sorpasso da leggenda un sette volte campione del mondo come Lewis Hamilton. Un pilota che, a 42 anni, è il primo degli umani. Si tiene dietro la nuova leva dei fenomeni e piazza la zampata, due podi consecutivi. Finché possiamo, ringraziamo questo sport di averci regalato Fernando Alonso.
Da me e da Ultima Staccata, l’augurio di una carriera ancora lunga, perchè vorrei godermi la guida di Fernando ancora per anni, con la speranza di trovarmi qui tra un po’ a scrivere di nuovo di Nando, magari per i suoi 150 podi.
Felice traguardo Fer, te lo sei meritato.